Bastian stava prendendo un ordine da un tavolo, quando Revie entrò. Quando i loro sguardi si incrociarono, il barista sembrò pietrificarsi per un attimo. Lo aspettò seduto su uno sgabello, vicino alla cassa. Si guardò attorno, notando la presenza di poche persone e un sottofondo di musica rock non molto recente.
Il biondo lo raggiunse un minuto dopo, non potendo evitarlo, per preparare un paio di drink dietro al bancone.
“Posso prepararti qualcosa?”, domandò serio, senza distogliere lo sguardo dai bicchieri. Qualcosa nel suo linguaggio del corpo suggeriva a Revie quanto si sentisse a disagio; forse la postura rigida, o il modo in cui guardasse ovunque, tranne che nella sua direzione.
“Credo che prenderò solo un bicchiere d’acqua” sorrise Asa, appoggiando i gomiti al bancone, come volendo diminuire la distanza che li separava.
“Certo”, mormorò Bastian.
Quando il cameriere appoggiò il bicchiere d’acqua davanti a lui, i loro occhi si incontrarono di nuovo e Revie si accorse di quanto fossero spenti quelli color nocciola di Bastian. Fu lui a prendere di nuovo parola, subito dopo.
“Stai aspettando qualcuno?”, domandò, con tono fermo.
“No. Ero con qualcuno prima. Non aspetto nessuno.” Bevve un sorso veloce, per poi schiarirsi la voce. “A meno che tu non voglia passare il resto della serata in compagnia.”
Bastian tossì una mezza risata. “Lo sapevo che eri qui per questo.” Scosse la testa. “No, grazie.”
“Andiamo, quante volte ti capita di-”
“Hey.” Gli occhi di Bastian lo fulminarono. “Forse non hai capito. Io sono qui per lavorare. E tu sei un cliente. E se non hai intenzione di comportarti da tale, ma pensi di poterti permettere di passare il resto della serata a importunarmi, puoi andartene subito.”
Revie gli rivolse un sorriso leggero, stendendolo poi in uno provocante.
“Ti è piaciuto quando ci siamo baciati?”, domandò, come se le parole appena pronunciate da Bastian non avessero mai raggiunto le sue orecchie. Vide il cameriere scomporsi leggermente, guardandolo sconvolto, poi guardarsi intorno quasi impancato.
“Cazzo, non qui in mezzo a tutti” sussurrò con aggressività, “vuoi farmi licenziare?”
“Non hanno sentito”, commentò Revie, senza neanche accertarsi che davvero nessuno li stesse ascoltando dai tavoli del locale. “Io penso che ti sia piaciuto.”
Bastian si sporse sul bancone e ribatté con un tono così basso che Revie fece fatica a decifrare la parole. “Il bacio, forse. Non te di certo.”
“Quando hai la prossima pausa?”
Bastian sorrise amaramente, stringendosi l’osso del naso tra l’indice e il pollice. Lasciò andare un sospiro, prima di rispondere. “Niente pause. Ho il cambio con un collega a mezzanotte, finisco il turno e vado a casa.”
“Potrei aspettarti.” Appoggiò il mente sul palmo della propria mano.
“Vado. A casa”, sottolineò, esausto. “Sono stanco. Non so cosa tu faccia nella vita, ma io studio e lavoro, non ho tempo per le tue cazzate.”
“Certo. Vuoi un passaggio?”
“Non piove. Vado a piedi. Grazie.”
Per qualche minuto, Revie sembrò essersi arreso. Continuò a bere piccoli sorsi di acqua, mentre Bastian asciugava bicchieri dietro al bancone. La musica e il leggero chiacchiericcio di sottofondo li salvava dall’imbarazzo di un silenzio reciproco.
“A mezzanotte…”, sussurrò Asa, lasciando scivolare sul bancone il bicchiere ora vuoto, “potrei andare in bagno. Tutto qui.”
Bastian lo fissò per qualche secondo, poi guardò il bicchiere e di nuovo Revie, senza dire nulla.
“Vorrei un altro po’ di acqua, per favore.”
***
Aspettò qualche minuto dentro una toilette, casualmente seduto sulla tavoletta di un gabinetto, con il telefono in mano per passare il tempo. Aveva lasciato la porta semi aperta, di un paio di centimetri. Non si aspettava che Bastian sarebbe arrivato davvero, ma aveva avuto una serata terribile, e sotto sotto, non voleva smettere di sperarci.
A mezzanotte e dodici minuti, stava per alzarsi, quando sentì la porta del bagno aprirsi e dei passi avanzare verso le toilette. Attraverso la fessura sotto l’entrata, vide le scarpe di Bastian fermarsi timidamente. Il ragazzo ci mise qualche secondo ad appoggiare la mano sulla porta e spalancarla.
Bastian entrò nel bagno senza dire nulla, chiudendosi la porta dietro e appoggiandovisi con la schiena, sospirando. Chiuse gli occhi, come per rifiutare qualunque contatto visivo, e lasciò scivolare un borsone di pelle dalla propria spalla fino al pavimento, dove cadde con un tonfo. Non indossava più il grembiule, ma solo la camicia bianca che gli stava sotto e aveva ancora i capelli raccolti senza molta cura alla nuca.
“Hey”, tentò di rompere il silenzio Revie. Da seduto, con Bastian in piedi davanti a sé, era difficile ignorare quanto il biondo fosse alto, probabilmente sopra il metro e novanta.
“Non so perché sono qui…”, mormorò, parlando più a se stesso che ad Asa.
“Serata pesante? Sembri molto provato.”
Il biondo sembrò ragionarci un attimo. “Un po’”, rispose, “Scusa per come ho parlato prima, non ho avuto molto tatto.”
“Va tutto bene, Bastian. So di essere fastidioso.” L’altro non gli diede torto, anzi annuí.
“Sembra che sia tu ad avere avuto una serata pesante oggi”, commentò a bassa voce, alzando le sopracciglia.
“Perché?”, ridacchiò Revie, nascondendo l’imbarazzo.
“Non so, ti tremano le mani. Sei sempre molto composto. Ora sembra che… non lo so. Sembri un po’ me, quando mi guardo allo specchio la sera prima di andare a letto. E non è una cosa positiva.”
Per qualche motivo, il paragone lo fece sorridere.
“Non è niente”, disse dolcemente e si alzò finalmente dal gabinetto, aggiustandosi il cappotto. Fece un passo verso Bastian, senza tentare alcun contatto fisico. Lo sentì fare un lungo, profondo respiro.
“Dobbiamo continuare a parlare o ci baciamo e basta?”
Fu Bastian a farsi avanti verso le sue labbra, senza perdere tempo in una risposta. Dopo un primo timido contatto, gli prese il viso tra le mani e la distanza tra loro si fece minima, quasi intima. Ma durò poco, perché dopo qualche secondo Bastian sembrò ricordarsi di essere in un bagno pubblico, nel locale dove lavorava come cameriere e si allontanò, visibilmente agitato, ritrovandosi di nuovo con la schiena contro la porta. Si coprì la bocca con una mano.
“Non posso stare qui per molto”, scosse la testa.
“Vieni a casa con me”, gli propose senza pensarci due volte.
“Asa…pensavo di essere stato chiaro. Non voglio uscire con te.”
“Non dobbiamo uscire”, insistette. “Possiamo continuare quello che abbiamo iniziato. Possiamo anche farlo qui se preferisci. O in macchina, la mia auto è nel parcheggio.”
“Non voglio andare oltre quello che abbiamo già fatto”, lo interruppe Bastian. Poi, accortosi di aver alzato la voce, aprí di pochi centimetri la porta della toilette per controllare se qualcuno era presente oltre a loro.
Chiuse nuovamente la porta, appoggiandovi un braccio e la testa contro esso, dando le spalle a Asa.
“Che stiamo facendo?”, sussurrò contro la propria manica.
“Non lo so” alzò le spalle e si sedette di nuovo sulla tavoletta del gabinetto, incrociando le braccia. “Cioè, io sto cercando di portarti a letto, onestamente, e tu stai evitando qualunque cosa sia più di un bacio.”
Bastian tornò a guardarlo.
“Perché vuoi… insomma”, gli scappò una risata amare, “cosa ti piace di me? Neanche ci conosciamo, abbiamo parlato, quante volte? Due, tre? E lasciatelo dire, sei solo una delle tante persone che si è accorta che esisto dopo che ho cercato di uccidermi.”
“Ti sbagli. Io ti avevo già notato.”
“Allora perché non mi hai parlato prima?”, sorrise e Revie notò una sorta di disperazione nel tono.
Si rese conto che ‘prima di avere ricorrenti fantasie sessuali in cui sei ricoperto di sangue, non mi interessava di te’ sarebbe stata una risposta poco appropriata.
“Perché non sapevo ci fosse una data di scadenza?”, azzardò Revie.
Bastian lo fissò impassibile per quasi dieci secondi. “Non l’hai detto davvero.”
“Secondo me faceva un po’ ridere.”
“Dovresti vedere uno psicologo, Asa”, disse, con un tono più calmo del voluto.
“Venerdì", Revie sorrise e Bastian sembrò confuso per un attimo. “Ci vado ogni settimana, in terapia.”
“Ah. Forse dovresti cercarne uno nuovo allora.”
Per qualche motivo, si ritrovarono entrambi a ridere. Poi si guardarono in silenzio e Bastian prese parola poco dopo.
"Devo andare a casa", sussurrò. "Domattina devo andare in università e devo alzarmi presto".
"È una scusa?"
"No", scosse la testa e sembrò sincero.
"Va bene." Osservò Bastian recuperare la propria borsa dal pavimento e aprire la porta. Lo fermò, un attimo prima che si allontanasse. "Bastian".
Il ragazzo non rispose, ma si fermò all'ingresso, aspettando che continuasse a parlare.
"Perché hai cercato di ucciderti quella notte?"
Comments (0)
See all