La via era vuota e scarsamente illuminata, in una zona di Rainhill in cui non era solito passare. Asa parcheggiò la macchina a lato della strada, davanti ad un paio di negozi chiusi. Diede uno sguardo veloce al telefono, per controllare se l’uomo con cui doveva incontrarsi gli aveva scritto.
Ben: sto arrivando :), diceva la notifica.
Non fece in tempo a tirare fuori il pacchetto di sigarette, per fumarne una durante l’attesa, che vide una figura sul marciapiede dirigersi nella sua direzione. L’uomo si fermò a pochi metri dalla macchina e dopo qualche secondo, alzò il braccio per un saluto esitante.
Revie non fece lo sforzo di uscire dalla vettura e si limitò ad abbassare il finestrino a metà. Osservò l’uomo fare due passi avanti, sotto la luce giallastra di un lampione. Più alto di lui, nascosto in un cappotto blu scuro, aveva i capelli rossicci e una barba curata sul viso, che sembrava aver tagliato per l’occasione.
“Sei Asa?”
Annuì, lasciando andare un sospiro deluso. Ancora una volta, la foto che gli era stata inviata in chat non era veritiera. La stessa persona, ma con almeno dieci anni in più.
“Non hai trentadue anni”, commentò con tono leggero.
“Hai ragione...”, sorrise l’altro in risposta, come se niente fosse, appoggiando le braccia alla portiera. “Non mi sembrava fosse un problema per te uscire con un uomo più grande… qualche anno in più fa differenza?”
“Non molta differenza”, alzò le spalle e chiuse il finestrino, facendogli cenno di entrare. Non sarebbe stata la prima volta che andava con un uomo dell’età di suo padre e probabilmente neanche l’ultima. Ben, o almeno così aveva detto di chiamarsi, aprì la portiera e si accomodò sul sedile accanto a Revie.
Quando allungò il braccio per raggiungere le chiavi della macchina e mettere in moto, sentì l’uomo posargli una mano sull’avambraccio. Si girò verso di lui, quasi pietrificato da quel contatto. Sotto la manica della propria giacca, sentì i tagli pulsare.
“Ma tu hai davvero diciannove anni, giusto?”, domandò. “Voglio dire… sei maggiorenne.”
Revie sforzò un sorriso, annuendo in risposta. “Certo. Sembri nervoso, Ben.”
Ben sorrise, quasi ridendo, abbassando lo sguardo verso le proprie mani agitate, appoggiate sulle gambe. “Non l’ho mai fatto così. Incontrare un ragazzo appena conosciuto, online. Sembra troppo facile.”
“Non c’è nessuna fregatura. Voglio quello che vuoi tu”, e si avvicinò all’orecchio dell’uomo per sussurrargli tra i capelli. “Divertirmi un po’.”
Ben lo fissò per qualche secondo, come incantato, mentre Revie si ricomponeva sul sedile.
“Sei davvero carino”, commentò.
Asa sorrise, ma in realtà non gli interessava del complimento. Era sera tardi, quasi le undici. Si era allontanato da una serata con gli amici con la scusa che doveva studiare per poter essere lì. Aveva cercato di ignorare le voci nella sua testa, i pensieri assillanti, ma erano così insistenti e rumorosi che non riusciva più a seguire alcuna conversazione. Tutto quello a cui riusciva a pensare era che si sentiva a pezzi e aveva bisogno di fare sesso per cacciare via i pensieri.Ne hai bisogno, ne hai bisogno, ne hai bisogno, nehaibisogno. Funzionava sempre e la sua testa taceva. Per poco, a volte troppo poco, ma agognava quelle brevi ore o minuti di sollievo come il più ricco dei tesori.
“Hotel o parcheggio?”, domandò Asa, con tono calmo e composto. In realtà gli tremavano le gambe e aveva il cuore il gola, come ogni volta che permetteva ad uno sconosciuto di entrare nella sua vita per un paio d’ore, uno sconosciuto a cui si sarebbe mostrato nudo e fragile, uno sconosciuto che poteva un bravo ragazzo, ma anche una persona che gli avrebbe fatto del male.
“Come, scusa?”
“Vuoi prendere una stanza in un hotel o vuoi farlo in macchina?”, chiese, quasi irritato dal doversi ripetere.
“Potremmo bere qualcosa e conoscerci un po’ prima e poi pensare a come proseguire la serata. C’è un locale carino-”
Lo interruppe senza delicatezza. “Pensi che sia un appuntamento? Forse non hai capito. Andiamo da qualche parte e scopiamo. Fine. Niente flirt, niente conoscersi a vicenda.”
Ben restò in silenzio per qualche secondo, osservandolo.
“Sei un ragazzo con le idee chiare”, disse.
“Già”, sorrise Asa. “Ho le idee molto chiare.” Non era sicuro volesse essere un commento positivo.
L’idea di avere accanto un uomo di quarant’anni entusiasta di poter andare a letto con un ventenne lo disgustava. Eppure sarebbe stato il ventenne protagoniste delle fantasie di quell’uomo e non aveva intenzione di tirarsi indietro. Ne hai bisogno, urlavano ancora le voci nella sua testa.
“Potremmo trovare un parcheggio e restare in macchina”, disse finalmente l’uomo, rompendo il silenzio.
“Ottimo” replicò, e senza esitare mise in moto la macchina.
***
Il parcheggio era abbandonato, accanto ad un’azienda fallita nella zona industriale di Rainhill. Raramente qualcuno passava di lì, soprattutto di sera tardi. Andava quasi sempre lì per i suoi incontri segreti, oppure in un motel poco fuori città. Nonostante vivesse da solo, non aveva mai avuto intenzione di invitare qualcuno a casa sua per del sesso occasionale. Riusciva a immaginare qualche uomo ossessionato presentarsi alla sua porta per poterlo rivedere un’altra volta. Non c’era quasi mai una seconda volta con lui, raramente una terza, mai una quarta.
Sui sedili posteriori, l’uomo iniziò a baciarlo sul collo e ad accarezzargli le gambe, con una delicatezza a cui non era abituato, come se avesse paura di romperlo. In pochi secondi, Revie poteva già vedere la sua erezione attraverso i pantaloni. Non riusciva a capire se le attenzioni lo facessero sentire importante o se fosse solo disgustato da se stesso. Si sporse verso l’uomo per slacciargli la cintura, ma venne interrotto.
“Che c’è?”
“Andiamo con calma, okay?” Revie roteò gli occhi e lasciò andare un sospiro. Annuì per assecondarlo. “È la tua prima volta?”
Asa ridacchiò. “Se ti eccita l’idea di sverginarmi, fai finta che lo sia.”
Ben sorrise con una dolcezza che non comprese. Provava pena per lui? “Posso baciarti?”
Revie lo fissò per un paio di secondi, prima di rispondere. “Okay.” Che schifo.
Si sforzò di appoggiare le labbra contro quelle dell’uomo e di assecondare il suo bacio per qualche secondo. La sensazione della barba pungente contro il mento lo innervosì presto.
“Mi piaci molto. Sei quasi femminile… Mi piacciono i ragazzi come te.”
“Possiamo spogliarci adesso?”, chiese, fingendo di non aver sentito.
“Sei sempre così impaziente?”
“Spogliati”, insistette e Ben sembrò trovarlo eccitante. Lo baciò di nuovo e Revie si ritrovò con la testa premuta contro il finestrino. I vestiti si sfilarono uno ad uno, buttati sotto ai sedili, finché non rimasero entrambi solo con l’intimo e una maglietta addosso. Ben si sfilò anche quella, ma Revie, come sempre, la tenne addosso per nascondere i tagli e le cicatrici.
“Vuoi che faccia qualcosa con la bocca o lo facciamo e basta?”, chiese, diretto.
“Sei passivo?”, domandò l’uomo esitante, come se fosse porre quella domanda lo imbarazzasse.
“Sono quello che ti eccita di più”, sorrise e fece finta di nulla quando sentì di voler scoppiare a piangere.
Aveva solo bisogno di fare sesso. Ne aveva davvero bisogno.
Comments (0)
See all